Questo articolo apre una – spero lunga – serie di resoconti delle uscite fotografiche che faccio solo o in compagnia di amici e parenti, correlati anche dalle immagini migliori che riesco a reperire in giro e da curiosità che posso raccogliere durante le scampagnate. Mi diverto a farle, mi diverto a scrivere e credo che conservare un diario di bordo, renderlo pubblico, possa essere un’occasione interessante per far conoscere posti nuovi spronando altri a visitare quello che sono riuscito a vedere in prima persona.
La prima uscita di cui voglio parlare, si trova a due passi dal luogo in cui sono nato. Sto parlando della Calabria, sulla costa Ionica, alle pendici dell’Altopiano Silano. Qui troviamo uno dei siti naturalistici tra i più suggestivi della regione: le Valli Cupe. Si tratta di un insieme di Cascate, Gole e Canyon a due passi (letteralmente) dal centro abitato di Sersale, dai colori e bellezza davvero unici. Per ulteriori informazioni rimando naturalmente al sito dedicato. Un’associazione (della quale, sempre nel sito, trovate informazioni) si occupa della salvaguardia e della pulizia dei siti, i ragazzi che mi è capitato di incontrare sembravano volenterosi, pur dovendo andare incontro all’inciviltà di turisti e non che sembrano voler far di tutto per distruggere quel poco che ci rimane della nostra terra e questo discorso, purtroppo, potremmo estenderlo al resto della regione senza troppe difficoltà, ma non è un articolo che intende sollevare polemica. La mia visita, con grande rammarico, si è potuta concentrare soltanto su una cascata e una gola, non sul Canyon per questioni di tempo e praticità.
Partiamo da Catanzaro (assieme a mio Padre) di buon’ora e ci dirigiamo verso Sersale, il viaggio dura qualche decina di minuti e dopo qualche giro a vuoto e richiesta di indicazioni, ci ritroviamo alla prima tappa (scelta casualmente, in verità): la Cascata Campanaro. Alta circa 22 metri, si trova in una zona incontaminata, qualche decina di metri sotto la strada principale. Il sentiero con cui raggiungerla è leggermente ripido ma di semplice percorrenza senza l’ausilio di attrezzature particolari. Caratteristico è anche il rudere di un vecchio ponte distrutto durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale circondato e, oramai, perfettamente integrato con la natura circostante. All’incirca a metà del percorso, si trova un capannello dove una ragazza (che non ho idee di quante ore passi isolata in quel posto) vende i ticket per poter proseguire; i prezzi non sono eccessivi: 3 euro per ogni Cascata/Canyon o 7 euro per visitare tutti e tre in giornata. I soldi, a quanto ci viene detto, servono all’associazione per garantire pulizia e salvaguardia del territorio. Da qui ci colleghiamo al discorso precedente, infatti la ragazza ci spiega come la gente sia abilissima a gettare spazzatura direttamente dalla strada, giù nel boschetto all’interno del quale si articola il sentiero. I mozziconi a terra e le bottigliette qui e lì (che sarebbero state raccolte alla sera, credo) completano il quadro di quanto incivili siamo. Continuiamo il nostro percorso e ci troviamo di fronte alla Cascata, davvero bella. I colori delle rocce sono suggestive e la vegetazione attorno fa pensare a paesaggi similia a quelli di “Laguna Blu” e delle giungle Tropicali (per quanto ne abbia esperienza unicamente attraverso film o documentari). Qui, finalmente, monto cavalletto e Reflex e comincio a scattare qualche fotografica o, meglio, ad aspettare che la gente si levi dalla cascata per poter cogliere il paesaggio naturale in maniera il più possibile “solitaria”. La difficoltà essenzialmente è stata quella di aspettare che nella scena non ci fosse molta gente, in modo da limitare al minimo il lavoro di post-produzione visto che preferisco conservare le foto il più possibili fedeli a quello che vedo con i miei occhi.
Tra le rocce della prima cascata, mentre tentavo di tenere in equilibrio il cavalletto di fortuna che conservo in Calabria (8 euro dal Cinese, davvero tanta fortuna devo avere per non spaccare tutto), noto che attorno ai piedini ci sono strani movimenti di affarini scuri tra i sassi. Mi avvicino con la testa all’acqua e noto che si tratta di piccole raganelle (non più grandi di 2-3 cm) che saltellavano tra i le rocce, per nulla intimorite dalle persone che giravano lì attorno. Si avvicinavano tranquillamente alle mani o ai piedi, si lasciano anche toccare in qualche caso. Quindi cambio velocemente l’obiettivo (non avendo ancora a disposizione un macro, punto sulla focale lunga), mi metto in posizioni acrobatiche sulle rocce e penso bene di scattare qualche foto anche a loro; in fin dei conti gli animali mi hanno sempre e comunque affascinato maggiormente rispetto ai paesaggi e non potevo perdere l’occasione, visto che si mettevano gentilmente in posa. Simpatico siparietto mentre le cercavo osservando l’acqua scorrere: un signore di mezza età, dall’umorismo travolgente, mi si avvicina ed esclama: “Cosa stai cercando? Il figlio di Bossi? Il Trota?“. Credo si sia anche accorto che ho forzato il sorriso perché non si offendesse, visto che è andato via senza aggiungere nient’altro.
Risaliti sulla strada e ripresa l’auto, dopo esserci dissetati alla vicina fontana (l’acqua gelida della Sila è un toccasana con il caldo di Agosto, se non ti ammazza), la seconda e ultima tappa sono state le Cascatelle del Crocchio, poco lontane dalla precedente e probabilmente meno suggestive di quanto visto in precedenza. O almeno, questo è quello che ho percepito personalmente. Questa volta il sentiero è decisamente più pianeggiante e agevole da percorrere, il capannello col ragazzo per i Ticket era più a ridosso della strada e in 5-10 minuti di cammino si arriva prima a un balconcino in legno panoramico sulle gole (dal quale non ho trovato nessun punto di vista interessante, a dire il vero) e, in seguito, alle vere e proprie cascatelle. Era presente molta gente che faceva il bagno – e non mi consentiva di far foto come avrei voluto – nelle acque abbastanza fredde pur essendo estate, le foto sono state più semplici ed essenziali, non mi è piaciuto lo scorcio messo a confronto con la Cascata Campanaro, che ho trovato decisamente più interessante. Tuttavia il sentiero di arrivo/ritorno era piacevole, ombrato dalle chiome degli alberi e gradevole nella sua semplicità. Altra particolarità del percorso è la presenza, proprio all’inizio, del rudere di un “pastillaru“: una sorta di casupola dove era uso preparare le castagne arrostendole.